La pioggia come segno di buon auspicio. Parte da questa immagine rievocativa l’omelia di don Franco Semeraro, rettore della Basilica di S. Martino, nel corso della celebrazione solenne in occasione della festa patronale dell’11 novembre. A concelebrare con lui ci sono tutti i parroci della città, segno «di unità nell’unica chiesa che ha in Gesù Cristo il proprio fondamento», come ha affermato il vicario foraneo don Luigi De Giorgio in apertura del rito. Quest’anno la struttura compie 250 anni, e quando fu inaugurata dall’arciprete Isidoro Chirulli la pioggia dopo sei mesi di siccità fu interpretata come segno di benevolenza da parte del Santo Patrono. I tempi sono cambiati, o meglio, come dice S. Agostino, «le persone sono cambiate», ma se cambiano le interpretazioni dei segni, resta immutata la forza della fede e dell’appartenenza a una comunità cristiana che fonda la propria essenza su valori essenziali ed immutabili nella sostanza. E’ questo il senso dell’omelia di don Franco, il quale si sofferma principalmente sull’aspetto spirituale della festa. Punta l’attenzione non tanto sull’episodio del mantello, che nell’iconografia martiniana è senz’altro il più conosciuto, tanto da fare di Martino il Santo della solidarietà. Quanto piuttosto l’attenzione si sposta sull’ultimo episodio della vita terrena del Vescovo di Tours. Ormai conscio di essere al termine dei suoi giorni terreni, il Pastore della Chiesa intraprese un viaggio verso la cittadina di Amiens, dove i sacerdoti erano in discordia tra di loro, per portare la pace del cuore. Un uomo di pace, dunque, un portatore del messaggio evangelico di fratellanza universale, da vivere innanzitutto nel proprio animo per poterlo trasmettere con le proprie azioni. In questo senso, un esempio da seguire, per essere portatori di pace nelle nostre case, nei luoghi di lavoro, in tutte le circostanze della vita quotidiana.

Matteo Gentile

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