Il dopo-primarie a Martina Franca non ha ancora ricomposto il Partito Democratico: uno scenario ben diverso da quello di esattamente un mese fa, all’indomani della vittoria di Bersani contro Renzi nel ballottaggio delle primarie.
Sono state quelle delle primarie che hanno unito e compattato i vari gruppi, con un risultato salutato all’indomani con piacere: finalmente delle primarie aperte, finalmente delle primarie con vari candidati di rilievo, finalmente delle primarie cui hanno partecipato anche i “cugini” di Sel con Vendola. Poi sono arrivate le “parlamentarie”, una sorpresa calata dall’alto per decidere le posizioni all’interno dei listini bloccati del porcellum. Già qui sono cominciate le polemiche: ma come, se il Pd avesse voluto il ritorno delle preferenze, si doveva portare la battaglia in parlamento, non fare altre votazioni (con altri due euro). Ma tant’è.
Invece, dopo le parlamentarie a Martina c’è un consigliere regionale autosospeso, il segretario cittadino dimesso, un candidato martinese non desiderato dalla base che ha fatto marcia indietro alla vigilia delle elezioni e una candidata martinese che avrebbe voluto candidarsi ma non ha potuto, un circolo Pd animato da malumori e nervi scoperti su alcuni argomenti. Cosa è successo? Parlarne potrà servire a ricomporre i pezzi del puzzle.
Un primo colpevole è il tempo. c’è stato poco tempo per capire cosa si stesse facendo e reagire: il 17 dicembre il Pd nazionale annuncia le primarie parlamentari, a Martina ci si muove con lentezza e ci si immagina che Pentassuglia potrebbe essere un buon candidato per rappresentare la valle d’Itria in parlamento. Ma non è così. Iniziano a circolare altre ipotesi per una candidatura che sia allo stesso tempo di un certo spessore e possa rappresentare un territorio: la candidatura di Tonino Scialpi, avanzata su facebook, non viene presa in considerazione dallo stesso assessore, che declina.
Nel circolo del Pd, in una riunione con molti militanti del partito, rappresentanti della maggioranza consiliare e con Pentassuglia, l’ex segretaria cittadina Maria Miali ritiene di mettersi a disposizione come candidata donna, per portare la partecipazione della città in queste parlamentarie e riuscire a ripetere il successo delle primarie di coalizione delle settimane precedenti; la possibilità di ottenere un seggio in parlamento appare comunque remota, perché iniziano già a circolare le voci che i listini saranno comunque bloccati e che con questo voto non si decide davvero la propria posizione.
Le voci che danno come candidati Ludovico Vico e l’assessore Pelillo iniziano a circolare e Maria Miali ritiene che, essendo d’obbligo votare un uomo e una donna, la sua presenza tra le quattro da presentare nella provincia di Taranto potrebbe essere comunque un buon bilanciamento. Inizia la corsa contro il tempo per la raccolta delle firme, almeno 208 in tre collegi; ma presentandosi a una riunione del Pd jonico venerdì 21, si viene a sapere che la senatrice Finocchiaro si candiderà a Taranto e che il partito la considera come capolista, quindi in una posizione di sicura riuscita.
Una sorpresa che ha spinto molti militanti a chiedersi perché andare a votare se i risultati finali vengono decisi dall’alto, e che ha causato molto malumore, riflessosi poi nella scarsa partecipazione. Ma le sorprese non sono finite: sabato 22 alle otto di sera la Regione approva il regolamento delle primarie, in base al quale in assenza di firme sufficienti le direzioni provinciali possono comunque accettare le candidature, e domenica alle dieci di mattina la lista dei candidati del Pd jonico è completata ufficialmente. E tra i candidati, come per riempire un buco dell’ultimo momento, viene accettata la presenza di Vincenzo Angelini, ex Mpa, che con nove firme si presenta come unico candidato martinese, all’insaputa dello stesso coordinatore cittadino del Pd Mimmo Diamante e della candidata in pectore Maria Miali. Immediata la reazione negativa della base a Martina, in cui ci si chiede come sia possibile che un “estraneo” come lui possa candidarsi.
Avvertendo questo malumore, Angelini ha comunque mantenuto un comportamento più che dignitoso facendo un passo indietro il giorno prima delle elezioni e ritirando la sua candidatura. Donato Pentassuglia, nel frattempo, si autosospende dal gruppo consiliare Pd anche per solidarietà con l’assessore regionale Amati e con il consigliere Mennea che avevano fatto domanda di deroga per poter partecipare alle primarie ma erano stati de facto esclusi dall’arbitrarietà della segreteria del Pd. Il coordinatore cittadino Diamante si dimette, mentre alla prova del voto i risultati sono deludenti: al polivalente i voti per i membri di Sel sono più numerosi di quelli del Pd, mentre al seggio di Motolese il buon risultato di Pelillo, Vico e della senatrice Finocchiaro lascia presumere ad alcuni un accordo di qualche genere, alcuni dicono addirittura la cessione del proprio posto di assessore regionale allo stesso Pentassuglia.
Pentassuglia ha dichiarato: «io assessore in questo rimpasto? No, rifiuterei, sono stato eletto per fare il consigliere e farò il consigliere. Se ci saranno nuove elezioni regionali, e se il partito mi dovesse chiedere di partecipare, lo farò continuando quanto ho fatto finora». Il consigliere regionale Pentassuglia rimarrà autosospeso in attesa di una spiegazione ufficiale da parte dei vertici del Pd.

 

 

Daniele Milazzo

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