Come abbiamo scritto questa mattina, il Sindaco di Martina Franca ha chiesto un parere alla Corte dei Conti  se sussista l’obbligo del Comune di pagare la contribuzione previdenziale nella misura prevista dalla normativa vigente, in presenza non solo dell’iscrizione alla Cassa previdenziale, ma anche della rinuncia in toto ad espletare, durante il mandato, l’attività professionale. Quello che appare strano è perchè il parere non sia stato chiesto prima di pagare i contributi di Lasorsa. Ieri L’Assessore, in Consiglio Comunale, cercando di sparare a zero contro i suoi precedenti assessori si è avventurato in una strenua difesa che non ha convinto nessuno, nemmeno il Sindaco a quanto pare.

Di recente sono intervenuti autorevoli pareri di organi istituzionali che hanno posto fine alla questione, in ordine alla interpretazione e alla portata della norma (perché francamente appariva illogica la ragione per cui un ente dovesse farsi carico del pagamento dei contributi di un proprio assessore, svolgente al contempo la  propria attività lavorativa di natura autonoma) spiegando definitivamente quali siano le sole condizioni di applicazione dell’art.86 co.2 L.267/2000.

Corte dei Conti della Basilicata con decisione  n.3 del 15.01.2014 e soprattutto  Corte dei Conti della Lombardia con parere del 05.03.2014 hanno posto fine alla discussione, dettata dai dubbi interpretativi, sancendo inequivocabilmente che l’art.86 secondo comma del TUEL (D.Legs. 267/2000) può trovare applicazione solo quando il lavoratore autonomo che ricopre una delle cariche previste dal primo comma si astenga del tutto dall’attività lavorativa; circostanza che il lavoratore autonomo ha l’onere di comprovare rilasciando all’ente locale un’attestazione in cui dichiari la sospensione dell’attività in costanza di espletamento del mandato amministrativo, nonché notificando la medesima dichiarazione all’ente previdenziale.

Quindi è del tutto inutile qualsiasi altra nuova iniziativa da parte del Comune di Martina Franca, perché i pareri sopra richiamati non lasciano adito ad altre interpretazioni .

 

 

Lombardia/95/2014/PAR

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI IN SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA LOMBARDIA

 composta dai magistrati:

dott. Nicola Mastropasqua                                     Presidente

dott. Giuseppe Roberto Mario Zola    Consigliere

dott. Salvatore Tutino                          Consigliere

dott.ssa Laura De Rentiis                                         Primo Referendario (relatore)

dott. Andrea Luberti                                  Referendario

dott. Paolo Bertozzi                                   Referendario

dott. Cristian Pettinari                               Referendario

dott.ssa Marta D’Auria                             Referendario

dott. Giovanni Guida                                 Referendario

dott.ssa Sara Raffaella Molinaro            Referendario

nella camera di consiglio del 4 marzo 2014

 Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14/2000 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Vista la deliberazione n. 1/pareri/2004 del 3 novembre 2004 con la quale la Sezione ha stabilito i criteri sul procedimento e sulla formulazione dei pareri previsti dall’articolo 7, comma 8, della legge n. 131/2003;

Vista la nota pervenuta il 7 febbraio 2014 con la quale il Sindaco del Comune di Cologno al Serio (BG) ha chiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Cologno al Serio;

Udito il relatore, Laura De Rentiis;

                                     OGGETTO DEL PARERE

Il Sindaco del Comune di Cologno al Serio con la nota indicata in epigrafe ha formulato una richiesta di parere inerente il corretto inquadramento interpretativo dell’art. 86, secondo comma, TUEL, recante disposizioni in tema di oneri previdenziali in favore degli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche indicate nel primo comma del medesimo articolo.

La questione sollevata dall’Ente, in particolare, verte sulla interpretazione della suddetta normativa in materia di versamento degli oneri previdenziali in favore degli amministratori che svolgono attività di lavoro autonomo contestualmente alla attività per la quale sono stati eletti. In termini esplicativi, l’Amministrazione civica vuole conoscere <<se, nei casi specifici di contemporaneo svolgimento delle funzioni istituzionali inerenti il mandato e l’attività di lavoro autonomo, competa alla amministrazione comunale pagare la contribuzione previdenziale prevista nella misura forfetaria annuale versata per quote mensili all’ente cui sono iscritti gli amministratori>>.

A conforto di una soluzione positiva del quesito formulato alla Sezione, viene riportato nella stessa istanza stralcio di parere reso dal Ministro dell’Interno in data 17/02/2004 del seguente tenore: “Detto beneficio si basa sul presupposto che l’assunzione di cariche pubbliche particolarmente impegnative interferiscono sull’attività del professionista, con ripercussioni prevedibili sul reddito e quindi sulla sua capacità contributiva.

A differenza dei lavoratori dipendenti, infatti, i lavoratori autonomi non hanno la possibilità di porsi in aspettativa e difficilmente possono sospendere l’attività professionale.

Il versamento dei predetti oneri, da parte degli enti locali, costituisce pertanto un beneficio che va accordato a prescindere dall’incidenza dell’espletamento della carica elettiva sull’effettivo esercizio dell’attività professionale”.

PREMESSA

Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta proveniente dal Comune di Cologno al Serio rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7, ottavo comma, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale Regioni, Province e Comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In proposito, questa Sezione ha precisato, in più occasioni, che la funzione di cui al comma ottavo dell’art. 7 della legge n. 131/2003 si connota come facoltà conferita agli amministratori di Regioni, Comuni e Province di avvalersi di un organo neutrale e professionalmente qualificato per acquisire elementi necessari ad assicurare la legalità della loro attività amministrativa.

I pareri e le altre forme di collaborazione si inseriscono nei procedimenti amministrativi degli enti territoriali consentendo, nelle tematiche in relazione alle quali la collaborazione viene esercitata, scelte adeguate e ponderate nello svolgimento dei poteri che appartengono agli amministratori pubblici, restando peraltro esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’organo di controllo esterno (per tutte: parere sez. Lombardia, 11 febbraio 2009, n. 36).

Infatti, deve essere messo in luce che il parere della Sezione attiene a profili di carattere generale anche se, ovviamente, la richiesta proveniente dall’ente pubblico è motivata, generalmente, dalla necessità di assumere specifiche decisioni in relazione ad una particolare situazione.  L’esame e l’analisi svolta nel parere è limitata ad individuare l’interpretazione di disposizioni di legge e di principi generali dell’ordinamento in relazione alla materia prospettata dal richiedente, spettando, ovviamente, a quest’ultimo la decisione in ordine alle modalità applicative in relazione alla situazione che ha originato la domanda.

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA

Riguardo all’individuazione dell’organo legittimato ad inoltrare le richieste di parere dell’ente comunale, si osserva che il sindaco del comune è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.

Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA

Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, occorre rilevare che la disposizione, contenuta nel comma 8, dell’art. 7 della legge 131/03, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma, la sana gestione finanziaria degli enti locali.

Lo svolgimento delle funzioni è qualificato dallo stesso legislatore come una forma di controllo collaborativo.

Il raccordo tra le due disposizioni opera nel senso che il co. 8 prevede forme di collaborazione ulteriore rispetto a quelle del precedente comma rese esplicite, in particolare, con l’attribuzione agli enti della facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica.

Appare conseguentemente chiaro che le Sezioni regionali della Corte dei conti non svolgono una funzione consultiva a carattere generale in favore degli enti locali ma che, anzi, le attribuzioni consultive si connotano sulle funzioni sostanziali di controllo collaborativo ad esse conferite dalla legislazione positiva.

Al riguardo, le Sezioni riunite della Corte dei conti, intervenendo con una pronuncia in sede di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 17, co. 31 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, hanno delineato una nozione unitaria della nozione di contabilità pubblica incentrata sul “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico  anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (Delibera n. 54, in data 17 novembre 2010).

Dalle sopraesposte considerazioni consegue che la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia la Sezione osserva che rientra nella materia della contabilità pubblica, conformemente al prevalente orientamento della giurisprudenza contabile.

La richiesta di parere in esame risponde ai requisiti indicati sopra e pertanto, è da ritenere ammissibile e può essere esaminata nel merito.

MERITO

Il Sindaco del Comune di Cologno al Serio formula un quesito sull’interpretazione dell’art. 86, secondo comma, TUEL e, in particolare, sulla interpretazione della suddetta normativa in materia di versamento degli oneri previdenziali in favore degli amministratori che svolgono attività di lavoro autonomo contestualmente alla attività per la quale sono stati eletti. In termini esplicativi, l’Amministrazione civica vuole conoscere <<se, nei casi specifici di contemporaneo svolgimento delle funzioni istituzionali inerenti il mandato e l’attività di lavoro autonomo, competa alla amministrazione comunale pagare la contribuzione previdenziale prevista nella misura forfetaria annuale versata per quote mensili all’ente cui sono iscritti gli amministratori>>.

L’articolo 86 TUEL, sotto la rubrica, “Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative” recita: <<1. L’amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i presidenti dei consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi del presente testo unico […].  2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l’amministrazione locale provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con decreto dei Ministri dell’interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell’incarico” […]>>.

Questa Sezione condivide l’orientamento già espresso da altre Sezioni regionali di controllo della Magistratura contabile, sia laddove ricostruisce la ratio della disposizione sia laddove ne indica i presupposti perché la stessa possa trovare applicazione (C. Conti, sez. reg. contr. Basilicata n. 3 del 15 gennaio 2014 e C. Conti, sez. reg. contr. Puglia, n. 57 del 27 marzo 2013).

Con riferimento alla ratio sottesa all’art. 86, secondo comma, TUEL è stato ricordato che <<l’art. 51, comma 1 Cost. pone il c.d. principio di uguaglianza tra gli eletti in base al quale tutti i cittadini possono accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza. Naturale corollario del suddetto principio è quello secondo cui ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche, al fine di poter esercitare pienamente le funzioni attribuitegli dalla legge e garantire il buon funzionamento delle amministrazioni, deve poter disporre del tempo necessario all’espletamento del mandato (art. 51, comma 3 Cost.). Le norme che definiscono lo status degli amministratori locali contenute negli artt. 77 e ss. del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) danno concreta attuazione al disegno costituzionale disciplinando la materia dei permessi, delle aspettative, delle indennità e dei rimborsi. In particolare, l’art. 86 TUEL disciplina il trattamento previdenziale, assistenziale e assicurativo di specifiche categorie di amministratori che hanno scelto di dedicarsi a tempo pieno allo svolgimento del mandato rinunciando allo svolgimento di un’attività lavorativa dipendente (comma 1) ovvero di natura autonoma (comma 2)>> (C. Conti, sez. reg. contr. Puglia, n. 57 del 27 marzo 2013).

In altri termini, i due commi dell’art. 86 TUEL hanno <<la medesima ratio, come sopra indicata, e unificano il trattamento dedicato a differenti categorie di lavoratori-amministratori locali costruendo una fattispecie che ha, per entrambi, i medesimi presupposti>> (C. Conti, sez. reg. contr. Basilicata n. 3 del 15 gennaio 2014).

Chiarita la ratio della norma si comprende perché il primo ed il secondo comma debbano essere letti congiuntamente <<in quanto sono disposizioni tra loro legate da un nesso logico e sistematico evidenziato dall’espresso richiamo che l’una fa dell’altra, così da rappresentare entrambe articolazioni omogenee e coerenti di una stessa norma. La circostanza che tale comma secondo prevede che il pagamento di cui si discute venga effettuato “allo stesso titolo previsto dal comma 1” e sia determinato “in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti” porta a ritenere che l’accollo della spesa a carico del bilancio pubblico dell’Ente in entrambe le ipotesi descritte nei citati commi debba essere sostenuto da una medesima causa>> ovvero di consentire anche ai lavoratori autonomi che ricoprono cariche amministrative <<di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il posto di lavoro>> (C. Conti, sez. reg. contr. Basilicata n. 3 del 15 gennaio 2014).

Dunque, <<l’esigenza che giustifica l’accollo al bilancio pubblico della spesa per oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi impone che il lavoratore dipendente dedichi all’incarico di amministratore locale l’esclusività del suo tempo e delle sue energie lavorative, con contestuale rinuncia alla retribuzione corrispettiva. A questo fine è richiesto che il lavoratore dipendente sia collocato, a sua richiesta, in posizione di aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato (art. 81 TUEL).  La questione è se anche per i lavoratori non dipendenti – per i quali l’istituto del collocamento in aspettativa non esiste – debba subordinarsi la concessione del beneficio alla espressa e concreta rinuncia all’espletamento dell’attività lavorativa svolta (professionale, artigianale, commerciale, agricola, di collaborazione), così da garantire che l’incarico sia svolto nelle medesime condizioni di esclusività previste per i lavoratori dipendenti>>.

L’orientamento della Magistratura contabile, a cui questa Sezione aderisce, è di ritenere che l’art. 86, secondo comma, cit. laddove prevede il “pagamento di una cifra forfettaria annuale” stabilisce che lo esso possa essere effettuato “allo stesso titolo previsto dal comma 1”, per cui il rimando deve essere riferito non solo all’oggetto <<del pagamento (gli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi), ma anche alla ragione che causalmente lo giustifica. Tale ragione è, come detto, è da rinvenirsi nel sostegno che l’ordinamento vuole assicurare a favore di chi opta per l’esclusività dell’incarico di amministratore, opzione che non può essere differentemente misurata per il lavoratore dipendente rispetto al lavoratore non dipendente. La mancanza di un istituto quale quello dell’aspettativa senza assegni, previsto per i soli lavoratori dipendenti, pubblici o privati e, finanche, la pratica difficoltà di verificare il mancato esercizio contemporaneo di professioni, arti e mestieri da parte dell’amministratore locale, non può essere argomento per sostenere che l’art. 86, commi 1 e 2, TUEL, abbia ad oggetto fattispecie diversamente costruite a seconda che si abbia riguardo ai lavoratori dipendenti (comma 1) o ai lavoratori non dipendenti (comma 2)>> (C. Conti, sez. reg. contr. Basilicata n. 3 del 15 gennaio 2014).

Se si giungesse ad una diversa soluzione stabilendo che l’Ente locale deve corrispondere gli oneri contributivi dell’amministratore-lavoratore autonomo, si avallerebbe un’interpretazione volta a garantire uno <<sgravio netto a favore del lavoratore non dipendente che accede alla carica di amministratore locale e di una loro contestuale fiscalizzazione con aggravio del bilancio comunale, senza alcuna corrispettiva dedizione del tempo lavorativo ai soli compiti di amministratore locale. Ed ancora, se si ammette che il lavoratore non dipendente possa, in pendenza di mandato, svolgere ugualmente la sua arte o professione caricando sul bilancio dell’Ente il pagamento dei contributi (da lui altrimenti dovuti) nella misura minima prevista, si finirebbe per consentire l’alterazione delle condizioni di mercato, dal momento che l’amministratore locale esercente la professione, l’arte o il mestiere, non gravato degli oneri contributivi>>, avrebbe margini di ricavo <<più ampi rispetto alla concorrenza. Peraltro rimarrebbe insoluta la destinazione di quelle somme che taluni professionisti sono obbligati ad esporre in fattura e a riscuotere dal cliente a titolo di contributo previdenziale>> (C. Conti, sez. reg. contr. Basilicata n. 3 del 15 gennaio 2014).

In conclusione, l’art. 86, secondo comma, TUEL può trovare applicazione solo quando il lavoratore autonomo che ricopre una delle cariche previste dal primo comma si astenga del tutto dall’attività lavorativa; circostanza che il lavoratore autonomo ha l’onere di comprovare rilasciando all’ente locale un’attestazione in cui dichiara la sospensione dell’attività in costanza di espletamento del mandato amministrativo, nonché notificando la medesima dichiarazione all’ente previdenziale.

P.Q.M.

Nelle considerazioni esposte è il parere della Sezione.

Il Relatore                                                                                            Il Presidente

(Dott.ssa Laura De Rentiis)                                     (Dott. Nicola Mastropasqua)

     Depositata in Segreteria

il 5 marzo 2014

  Il Direttore della Segreteria

        (Dott.ssa Daniela Parisini)

Se questo giornaletto, come lo ha definito l’Assessore, non avesse portato alla ribalta il fatto, i martinesi avrebbero pagato quasi 4000 euro di contributi  e tutto sarebbe passato inosservato

7 pensiero su “Ecco perchè Lasorsa deve restituire i suoi contributi pagati dal Comune”
  1. Incredibile! Grazie Direttore! Il sindaco deve prendere provvedimenti, lui è una brava persona.

  2. Non ho mai votato per Lasorsa e sono pronto a ringraziare il direttore, come ha fatto il sig. Carbotti, se, da giornalista, fa una inchiesta sul comportamento tenuto dalle passate amministrazioni nei confronti dei professionisti che hanno ricoperto i ruoli di sindaci, assessori, presidente del consiglio comunale dal 1999, anno in cui fu esteso con norma poco chiara il rimborso dei contributi ai professionisti con incarichi amministrativi (Presidente di regione e di Provincia, assessore regionale, provinciale e comunale, presidente dei consigli regionale, provinciale e comunale) sino ai giorni attuali. Ricordo a me e a tutti i lettori che dal 1999 abbiamo avuto:
    2 sindaci lavoratori autonomi (Conserva e Semeraro);
    Decine di Assessori lavoratori autonomi (se non ricordo male:
    -Avvocati (Chiarelli, Ancona)
    -Commercialisti (Scialpi, Barnaba, Muschio, Carrieri, Aquaro);
    Sarebbe interessante sapere se siano stati corrisposti i contributi dall’amministrazione per questi amministratori.
    Se, per motivi di par condicio, non estendiamo questa indagine a tutti quelli che si sono trovati nelle stesse condizioni di Lasorsa si rischia di dare l’impressione che quello che si persegue non è l’interesse pubblico ma sterili antipatie personali che si alimentano con Lasorsa stranamente in prossimità della stagione estiva.
    Per concludere, non ritengo pienamente condivisibile la presa di posizione della Corte dei Conti che ha negato il rimborso dei contributi ai lavoratori autonomi adducendo motivi di equità con i lavoratori dipendenti dimenticandosi che il lavoratore autonomo, a differenza del dipendente, non percepisce alcuna aspettativa quando ricopre incarichi amministrativi. Ma questa è un’altra storia.

  3. Sig. Antonio,
    personalmente non ho capito quant’è il contributo minimo che si versa e se eventualmente il comune ha versato lo scaglione più alto, se così fosse, sono stati sommati altri redditi a quello di assessore, quali?com’era a conoscenza il comune di eventuali altri redditi?può illuminarmi?

    1. Sig.Verzella lei mi sopravvaluta quando mi chiede di illuminarla, in quanto, come Lei, sono un semplice lettore, che non ha mai svolto la professione del giornalista e che non ha mai ricoperto alcun incarico politico. Mi sono limitato ad indicare dei precedenti verificatisi con altri professionisti negli ultimi 15 anni. Rispetto ai nomi già citati precedentemente, mi sono ricordato di altri professionisti che hanno ricoperto il ruolo di assessori dal 1999:
      Consulente del lavoro (IUdici)
      Commercialisti (DiCroce)
      Geometri (forse uno tra Basta e Marzulli o titti e due)
      Medici (Giacobelli, presidente del consiglio)
      E sicuramente all’appello mancherà qualche altro che mi sfugge e col quale mi scuso.
      Adesso mi auguro che questa testata o altri giornalisti ci dicano come si è comportato il comune in passato perchè, se sono stati pagati i contributi per tutti quei professionisti, non ci troveremmo di fronte ad una situazione di pericolo, come quella di Lasorsa in cui il comune “avrebbe pagato 4000 euro di contributi senza l’inchiesta ( riporto testualmente le parole dell’articolo di sopra), essendosi già verificata la situazione per quanto riguarda il passato. Per qualche addetto ai lavori non dovrebbe essere difficile procurarsi la risposta potendo porre la domanda a qualche stretto parente che ha fatto parte, per un periodo, di una di quelle giunte. E magari dall’inchiesta può venir fuori che il comune ha versato alle rispettive casse dei professionisti decine di migliaia di euro (a Verzella dico che a questa cifra sono pervenuto moltiplicando circa 4000 all’anno per i professionisti prima indicati per gli anni in cui hanno ricoperto quel ruolo; sempre che siano stati versati questi contributi). Per dovere di cronaca il direttore del Giornale, Sallusti, ha denunciato una situazione simile per l’attuale Presidente del consiglio Renzi per il periodo in cui è stato Presidente di Provincia e Sindaco. Per il resto Lasorsa può anche andare a casa.

      1. Bene, lei scrive € 4000, io le avevo chiesto a quanto ammonta il contributo minimo, quindi, le ripeto la domanda: € 4000 è il contributo minimo o è lo scaglione superiore, se così fosse, quali altri redditi sono stati sommati?

        1. Verzella io sono un semplice lettore, come Lei, pertanto non è a me che deve porre la domanda sull’importo del contributo. Non sono avvocato, per cui non so quanto pagano di contributi gli iscritti alla cassa(ho riportato solo l’importo indicato da questa testata), non sono mai stato:
          assessore al bilancio, consigliere comunale, revisore dei conti, segretario comunale, sindaco, giornalista.
          Per concludere, ringraziandola per avermi sopravvalutato, è a tutti quanti hanno ricoperto quei ruoli dal 1999 ad oggi che dovrebbe porre questa sua legittima domanda.

  4. direttore vedo che ha approfondito e reso “giornalistica” la mia mail di qualche giorno fa con le indicazioni delle sentenze…bravo…l’importante è raggiungere l’obiettivo…ora apriamo anche unA QUESTIONE “MORALE ED ETICA” per Lasorsa o altri…oltre che semplicemente amministrativa!! Andiamo avanti..

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