Conoscete, cari lettori, quella fiaba dei Fratelli Grimm dal titolo “il pifferaio di Hamelin”?

No? E’ una fiaba tradizionale tedesca dove si parla di topi. Si ritiene che quella fiaba sia stata ispirata da un evento accaduto nella città tedesca di Hameln in Bassa Sassonia, nel XIII secolo: un uomo con un piffero si presenta in città e propone di disinfestarla dai ratti; il borgomastro acconsente promettendo all’uomo un adeguato pagamento. Non appena il Pifferaio inizia a suonare, i ratti, incantati dalla sua musica, si mettono a seguirlo, lasciandosi condurre fino al fiume Weser, dove annegano.

La fiaba “odierna” ve la raccontiamo noi, invece. Ma ambientata in questi giorni. E in tal senso questa fiaba (che a differenza delle “fiabe” non hanno nulla di inventato – vi facciamo nomi e cognomi) potrebbe essere paragonata a quelle antiche dei citati villaggi medievali dove le invasioni di ratti che sbucano all’improvviso, latori di malattie, sono testimoniate da cronache dell’epoca e trasposte poi sul versante letterario come la fiaba dei fratelli Grimm. Bè, basti pensare che le ultime epidemie di peste in Europa si sono verificate nella prima metà del ‘700, poco prima della Rivoluzione industriale (nello specifico l’ultima ondata “pestifera” causata dai ratti è stata quella del 1746).

Nei giorni scorsi una donna di 62 anni, Arcangela Maggi, residente in via Vico 1° Alighieri, viene aggredita da un topo. La signora, in casa con il coniuge (peraltro cardiopatico) avverte dei “rumorini” su un armadio. Un gatto intrufolatosi in casa? Macchè. Un topo. Un ratto. Probabilmente un topo imbottito di steroidi, perché le dimensioni parevano quelle di un gatto.

La signora, presa ovviamente dal terrore, cerca di fare di tutto per mettere in fuga il temuto animaletto, ma nello scuotere con una mazza il “Mickey Mouse”, questi gli salta addosso. La donna cade indietro. Per terra. Il suo braccio è nero, lividoso. Escoriato. Una fortuna non aver battuto la testa. Un’altra fortuna il fatto che il marito, cardiopatico, non abbia avuto conseguenze per lo spavento. Ma il sangue della signora è per terra.

Bè, più che una fiaba sembrerebbe una storia dell’orrore. Pericolosa. Non c’è un cavolo da ridere.

Certamente la visione di un animale di quel genere che, specialmente in città, dove le fogne di quella zona (Via Manzoni, Vico 1° e 2° Alighieri, ecc.) suscitano preoccupazioni da un bel po’ di tempo ai residenti e agli esercenti di attività commerciali e gastronomiche ci riconduce a seri problemi certamente non legati alla “peste” di memoria settecentesca, ma ad una serie di malattie non meno preoccupanti tipo la “febbre da morso”, la Leptospirosi, la Salmonellosi, e anche la rabbia. Lo dicono le autorità sanitarie. E noi ci permettiamo di sottoporvi questi rischi per la salute dell’uomo, a cui si andrebbe incontro se non si effettua una corretta derattizzazione e si continua a sottovalutare il problema anche al primo avvistamento di un ratto o topo all’interno delle nostre case, all’interno di strutture che manipolano generi alimentari, ristoranti e alberghi.

Quella è una delle zone più belle del nostro borgo antico. Bè c’è lo storico Caffè Tripoli, poi a sinistra Via Manzoni e a destra una via che porta alla bellissima Chiesa di San Domenico. Insomma: meta di turisti. Ma la foto riporta un tombino, proprio di fronte al “Comitato Centro Storico”. Un tombino che, come dimostra la medesima foto dimostra, ogni tanto “esonda” liquami maleodoranti.

Ma i miasma corporali non sono rari da quelle parti. E mica sono dovuti a peristalsi o aerofagie del vicinato. Ma provengono dai tombini. Ci dice la signora Fiorella, proprietaria di una nota salumeria in via Manzoni, che in vita sua prima non aveva mai visto una blatta o un topo ma negli ultimi anni queste simpatiche bestiole pare abbiano forse preso in affitto qualche appartamento. Tant’è che le scorribande di topolini ubriachi sono state spesso immortalate da foto che ci riserveremo di pubblicare nei prossimi giorni. La signora Fiorella, e altri abitanti a cui abbiamo letteralmente “bussato” alla porta per chiedere se ci fosse mai stata una derattizzazione, ci hanno risposta seccamente “NO. Non abbiamo mai visto da queste parti effettuare una derattizzazione e una deblattizzazione”.

Il signor Vito, e suo figlio Martino, proprietari del Caffè Tripoli (il bar più famoso di Martina) ci dicono che hanno presentato una petizione alle autorità sanitarie competenti e al comune. E che hanno tanto di foto di questi ratti. Ma ancora nulla.

Il problema è imputabile alle fogne. La gente del luogo addirittura ha messo del nastro isolante su alcuni di questi tombini. Un palliativo.

Quindi per tornare all’incipit: dobbiamo chiamare “il pifferaio di Hamelin”?

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