Presso il Park Hotel si è tenuta una conferenza organizzata da Noiconsut che ha avuto per tema la crisi e le nuove opportunità che da essa possono nascere. Con un parterre di ottimi relatori – professori della Luiss e della Sapienza, dell’Università di Trento, il direttore della filiale della Banca di Credito Cooperativo di Taranto – il dibattito avrebbe potuto essere tecnico o noioso, ma è stato invece vivace e interessante.
Si è iniziato a discutere con il professor Guccione che ha trattato del coinvolgimento dei provati nelle opere pubbliche con le forme di partenariato pubblico-privato: «C’è un vero a proprio mantra delle amministrazioni locali negli ultimi anni» ha detto «ed è quello di non sforare il patto di stabilità, di eliminare i possibili debiti. Va bene, ma spesso per timore di agire e di spendere si preferisce fare cassa e procrastinare dei problemi». A volte è il timore, altre volte è l’impreparazione della burocrazia amministrativa locale che può paralizzare le economie dei piccoli centri: «Gli strumenti legali per investire senza creare debiti o sforare il patto di stabilità ci sono, ma non sono molto noti». Per poter rivitalizzare tramite il pubblico l’economia di una città è necessario, per il professor Guccione, disporre di un’amministrazione che sappia agire con risolutezza, senza timore di impantanarsi in eventuali errori, e una classe imprenditoriale propositiva e attiva, capace di lavorare anche per l’interesse pubblico e non solo quello privato.
Tuttavia, come ha poi aggiunto un altro professore presente, le imprese private temono di lavorare insieme al pubblico perché ben conoscono i problemi relativi a mancati pagamenti o a dilazioni lunghissime, senza contare che in realtà molti considerano fare affari con il pubblico un problema di altro tipo: infatti se da un lato c’è chi spesso si arricchisce facilmente grazie a episodi di corruzione o mala gestione della cosa pubblica, dall’altra vi è chi pena mesi e mesi tra il presentare domanda a un bando, risultare vincitore, aspettare che si sblocchino i fondi per i pagamenti e così via, causando a volte lo stop cautelativo dei finanziamenti bancari che permettono alle imprese di sopravvivere, per cui si arriva a lavori pubblici licenziati e poi non eseguiti non per cattiva volontà ma per impossibilità di procedere.
A concludere il cerchio, il direttore della filiale martinese della BCC di Taranto ha comunque sottolineato che la banca è un’impresa come altre, e più di altre deve capire se ciò che “spende” in finanziamenti potrà produrre dei ritorni o meno. «spesso assistiamo a imprese che non hanno un vero piano finanziario, che sono gestite in modo poco chiaro, e che chiedono finanziamenti senza avere un piano di ammortamento dei costi». Condizioni queste non accettabili da una banca, specialmente una banca di credito cooperativo che come altre, e più di altre, opera su un determinato territorio e ne conosce il cuore produttivo: «Oltre il 60% delle imprese è fatto da artigiani, più o meno piccoli, che cercano di resistere alla crisi e in alcuni casi ci riescono benissimo, in altri un po’ meno. Loro sono il tessuto produttivo poco noto del nostro territorio, che va incoraggiato quando possibile a recarsi presso una banca con un loro consulente, che sia però preparato, per proporre le proprie idee. Se una banca ritiene di non erogare un finanziamento è perché dubita delle capacità di riuscita, ma se ci sono basi solide il nostro compito è quello di aiutare le imprese ad aumentare il loro giro d’affari, perché conviene a noi e a loro».

Daniele Milazzo

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