Dialogo con Gianni Carbotti e Pasquale Nessa, artefici dei successi della compagnia “Le Quinte”

Ci sono stati sviluppi per la compagnia “Le Quinte”, visto che lo spettacolo su “L’Avaro” di Moliere ha davvero suscitato interesse, tanto che l’intero cast de “Le Quinte” è stato invitato a portare in scena “L’Avaro” in diversi punti del nostro territorio. Ne abbiamo parlato con il responsabile di produzione Gianni Carbotti ed il regista Pasquale Nessa. “In seguito al nostro spettacolo – ha esordito Carbotti – ci sono state nuove opportunità per la Compagnia: siamo stati invitati, infatti, ad una rassegna teatrale a Castellaneta ed in più Ostuni, Foggia e Cisternino. Sono stati loro ad invitarci, alcuni perché hanno visto lo spettacolo, altri perché si sono informati della qualità della nostra compagnia. L’intento della compagnia è proprio quello di mostrare che esistono eccellenze anche in questo campo: non a caso si tratta di un gruppo nato nel nostro territorio e siamo fieri di ciò. Anche gli abiti sono prodotti da aziende di Martina Franca, che hanno apprezzato le nostre attività e hanno messo a disposizione la loro competenza, fornendoci tutto il supporto possibile”.

Un lavoro spesso fatto di grandi sacrifici e che si nutre della passione di un gruppo che si muove come una famiglia più che unita e che si cementifica sempre di più grazie a Carbotti e Nessa, che portano avanti la compagnia pur notando una sorta di disinteresse da parte delle istituzioni cittadine: “Spesso a Martina si smarrisce – nota il regista – l’oggetto principale alla base del teatro, l’essere umano. Il mio obiettivo principale è la formazione dei ragazzi, ma nei nostri spettacoli non ho visto una reale disponibilità politica di fondo. Ma per fortuna il pubblico non è dormiente e si è reso conto del lavoro di comunicazione che c’è dietro ai nostri spettacoli”.

Pasquale Nessa ha anticipato, in chiusura, le tematiche del prossimo spettacolo della compagnia, “Occhio…Pino”, in scena il 4 aprile: “L’obiettivo dello spettacolo è quello di sensibilizzare al valore della donazione del sangue. Sarà un gioco più visivo che parlato, in cui i bambini inizieranno ad apprendere nozioni di ludoeconomia ed il valore della donazione, come forma non astratta ma concreta, anche da un punto di vista scientifico e letterario. Vogliamo sensibilizzare il pubblico alla tematica dell’altro, inteso come priorità. L’unico valore di indicazione non è la preoccupazione per l’educazione dell’adulto, ma cercare di aprire il mondo dell’infanzia, della nostra città dei bambini, per una riflessione ed una educazione per il futuro. In questo atto unico liberamente tratto dall’opera di Collodi non escludo nemmeno l’idea di inserire un immigrato, un fanciullo autore di reato, per far capire come la società tende a penalizzare e condannare e non si interessa al valore dell’integrazione dell’infanzia”.

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