Il PPTR, acronimo che sta per Piano Paesaggistico Territoriale Regionale, è un’opera mai fatta in precedenza. Si tratta di un catalogo enorme per vastità e accuratezza che coinvolge l’intero territorio regionale, dal Gargano giù giù fino alla punta di Santa Maria di Leuca: un catalogo dei paesaggi e dei beni culturali, del territorio e delle leggi che lo governano e lo preservano. Questo catalogo, oltre a essere una vera e propria fotografia della situazione presente, ha un’altra ambizione: diventare una guida e un punto di riferimento per tutti i singoli comuni, per gli enti locali e territoriali, per salvaguardare i beni esistenti.

Quanto sia complesso il Pptr lo chiariscono due fatti: il primo è la necessità, a poca distanza della sua emanazione, di una “circolare interpretativa” da parte della Regione, per togliere dubbi su cosa sia e come vada usato; la seconda è la necessità di numerosi incontri e dibattiti conoscitivi come quello tenutosi a Martina Franca con Giuliano Volpe, rettore dell’Università di Foggia, che ha illustrato le particolarità e gli scopi del piano con l’aiuto del sindaco Franco Ancona, del consigliere regionale Alfredo Cervellera, dell’assessore Donatella Infante, del consigliere comunale Giuseppe Cervellera e del segretario del circolo Sel Pino Fedele. Questi dibattiti, così come la creazione del piano, sono stati voluti fortemente dal partito di Nichi Vendola.

«Vanno ricordate innanzitutto alcuni fatti» ha detto il rettore Volpe «in primis, che la nostra regione, la Puglia, vede al suo interno decine e decine di paesaggi diversi, dai faraglioni sul mare alle montagne garganiche, dalle colline murgesi alla pianura salentina, dalla terra dei trulli a quella dei menhir. Paesaggi che si sono venuti a create in millenni di storia che sono il nostro patrimonio da preservare e trasmettere: qui entra in gioco il piano». Mentre la tutela paesaggistica è già operativa a termini di legge, quello che è stato fatto con il Pptr è stato spostare l’attenzione verso gli oggetti da tutelare: si è fatta cioè una gigantesca ricognizione, con decine e decine di carte, cartine e relazioni, su tutti i singoli beni presenti: in questo modo la redazione a termini di legge delle singole tutele ha finalmente un materiale organico di riferimento per cui sarà possibile spostare o allargare  i territori sottoposti a vincoli già presenti, far rientrare alcune aree nell’ambito dei programmi regionali ed europei di valorizzazione dei beni architettonici e culturali e così via. «Questo piano si trova a metà strada» hanno confermato i relatori «tra i vincoli e le tutele al territorio e le autorizzazioni a operare sul territorio: è un doppio strumento urbanistico e culturale».

Daniele Milazzo

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