Presentata l’opera prima di Annamaria Zito, una nuova voce nel panorama letterario cittadino

«I Blanchard avevano organizzato un ricevimento sfarzoso per il matrimonio della loro unica figlia; doveva essere l’occasione per conseguire il consenso dell’alta borghesia». E’ l’incipit di un romanzo, che non è  Madame Bovary di Gustave Flaubert e nemmeno Emma di Jane Austen. Si tratta  de “L’altra faccia del Cammeo” (ed. Leucotea di Sanremo), opera prima di Annamaria Zito, presentato domenica sera in una casa Cappellari dove, nella circostanza, si provava a tornare indietro di 200 anni attraverso i figuranti in costume d’epoca dell’associazione Terra Terra in collaborazione con i Laboratori Urbani Arte Franca. A dialogare con l’autrice c’era il giornalista Massimiliano Martucci. Una giovane donna abbandonata, una famiglia colpita nell’orgoglio, un amore spezzato. Una storia scandita tra i paesaggi della Normandia, tra nobiltà e ricerca della felicità. Come si evince immediatamente dall’incipit, la storia inizia con gli ultimi preparativi del matrimonio dell’unica figlia della famiglia Blanchard. In realtà, svela subito l’autrice, il matrimonio non si farà, perché la giovane Isabella è incinta e non certo del suo futuro sposo. Inizia così la storia travagliata di una donna che attraverso il tempo e lo spazio approderà in Puglia, vivendo i pregiudizi e le contraddizioni di quella che l’autrice definisce l’epoca dell’apparenza. Apparenza che ritroviamo prepotentemente ai giorni nostri, insieme con la conflittualità tra madre e figlia che fa da sfondo a una storia soprattutto di donne, con tutta la forza e la fragilità di un mondo tutto da scoprire. Al di là della storia in se stessa e del libro che non è un “romanzo rosa”, l’autrice ha voluto portare, quasi sottovoce, l’esempio di come sia possibile dar corpo al sogno di pubblicare un libro senza ricorrere all’editoria a pagamento. «Ci vuole pazienza – ha affermato – e perseveranza». Lei ne ha avuta, e il suo lavoro adesso è in libreria, in attesa dei lettori che gli diano un senso compiuto.

Matteo Gentile

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