L’abbiamo scoperto per caso solo pochi giorni fa, durante la manifestazione Martina nel 700: c’è un nido negli affreschi del Chiostro di Sant’Antonio. Non volevamo crederci, perciò abbiamo parlato con dei fedeli, con delle persone che in quel chiostro entrano ed escono, e i risultati sono stati sconfortanti. C’è chi non se n’era mai accorto, chi giura di averlo visto da almeno un anno, chi fa spallucce e dice che “tanto non è importante”.
Eppure lo si vede nelle foto: un passerotto ha fatto il suo nido dentro un rigonfiamento degli affreschi. Si vedono rametti ed erbacce secche fuoriuscire dall’incavo di una bolla ormai rotta di un affresco che mostra Sant’Antonio mentre sta pregando.  Sono affreschi di un chiostro che nel 1529 ha visto camminare Fabrizio Maramaldo (si, proprio quello di “vile Maramaldo, tu uccidi un uomo morto“) quando assediava Martina Franca e in quel convento aveva messo il suo quartier generale. Sono affreschi che hanno visto la storia della nostra città.

Chi va in quel chiostro oggi, onestamente, si sente cadere le braccia: ci sono pareti affrescate – tra le poche ancora esistenti a Martina – così umide da apparire traslucide, e l’intero cortile sembra quello di un edificio abbandonato da decenni. Le pareti sono verdi di muffa, sporche delle deiezioni dei colombi e piene di parietaria. Alcuni muri sono così poco curati che non hanno più intonaco e mostrano la pietra nuda.
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Alcuni locali di quello che una voluta era il convento che faceva da ingresso alla città di Martina sono occupati tuttora dalla Chiesa di Sant’Antonio, ma parte della proprietà dovrebbe essere comunale. Forse non tutti sanno che la villa comunale (e la “villetta”, cioè piazza Vittorio Veneto con il suo monumento ai caduti) sono terreni di proprietà comunale dal 1809, da quando cioè Gioacchino Murat sequestrò le proprietà ecclesiastiche per darle ai comuni e allo stato. Probabilmente quindi anche lo stesso chiostro, come quello di San Domenico, appartiene alla città di Martina Franca.
Restaurare nuovamente quegli affreschi – del resto già oggetto di interventi di recupero a fine anni ’90 – dovrebbe essere una delle azioni da mettere in conto: trovare i fondi sarà difficile, lo sappiamo tutti, ma sappiamo anche che qualsiasi amministrazione, di qualsiasi colore politico sia, non vorrà mai ignorare volontariamente questa situazione. Per cui delle due l’una: o ci sono già delle azioni pronte, magari nel cassetto, che attendono soltanto un apporto finanziario per essere messe in atto, oppure ci si dovrà dar da fare per crearle da zero. Sarebbe preferibile che invece dei soliti commenti sulla responsabilità politica degli amministratori si parlasse di questo problema secondo la responsabilità civica: di chiunque sia la proprietà effettiva dell’immobile, quegli affreschi appartengono ai cittadini, e tocca ai cittadini darsi da fare per recuperarli. Sperando che si possano ancora salvare.

Daniele Milazzo

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