Di segu ito un comunicato diffuso dai rappresentanti di Martino Scialpi, lo scommettitore martinese che da oltre trent’anni attende di vedersi riconosciuto un tredici miliardario (in lire) al totocalcio:

Trenta milioni circa sono gli italiani scommettitori, ma quanti di loro hanno la certezza che la fiducia riposta nella loro giocata potrà essere ripagata dal Coni? È lecito porsi questa domanda leggendo il caso di Martino Scialpi, tredicista al Totocalcio nel 1981, riconosciuto vincitore da una sentenza del 10/02/1987, ma che attende ancora il pagamento della sua giocata perché i vertici del Coni non danno seguito ad una sentenza emessa dalla Giustizia Italiana.

Complici di tutta questa situazione i maggiori mezzi di informazione che operano in Italia una diffusione delle notizie di parte, in cui non ha spazio chi subisce le angherie e le ingiustizie, chi viene riconosciuto corretto di fronte alla legge ed attende pazientemente, da oltre 30 anni senza mai minacciare gesti inconsulti ma con immensa fiducia nella Giustizia Italiana, che i suoi diritti vengano riconosciuti.

Contro il Coni c’è una sentenza, quella del 10/02/1987 del Tribunale di Taranto passata in giudicato, in cui viene riconosciuta legittima una giocata e proclamato onesto il giocatore. Ma non viene rispettata perché il Comitato Olimpico Nazionale Italiano ha risposto che “per soddisfare le Sue pretese al pagamento di un premio di prima categoria nel concorso Totocalcio n.11 del 1.11.1981, dopo aver esperito i rimedi endoprocedimentali previsti, si è già rivolto all’Autorità Giudiziaria, che ha rigettato la Sua pretesa con la sentenza definitiva della Corte d’Appello Civile di Roma n.2107/1985, passata in giudicato, avvero la quale Lei ha proposto tre domande di revocazione, tutte respinte con pronunce della medesima Corte d’Appello confermate dalla Corte di Cassazione, da ultimo con sentenza n.671/2012”.

Si confondono le sentenze e viene disattesa l’unica sentenza di merito, quella passata in giudicato del Tribunale di Taranto del 10/02/1987, che ha dato diritto al sig. Scialpi di chiedere al Coni, con formale richiesta nel mese di agosto 2013, di poter accedere agli atti del 1981, in cui ci sarà la matrice e lo spoglio della schedina vincente, custodita gelosamente dal tredicista, che già nel 1981 gli dava diritto a riscuotere oltre 1 miliardo di vecchie lire. Il Coni non ha mai esibito quegli atti, che sono i verbali della Commissione di zona dell’epoca, l’organo attraverso cui il Coni verifica le vincite e il Ministero dell’Economia e delle Finanze controlla la corretta attività delle scommesse.

“Sarebbe la prova ulteriore e definitiva che non consentirebbe più al Comitato Olimpico Nazionale Italiano di non riconoscere il pagamento della vincita al sig. Scialpi” ha commentato il legale del sig. Scialpi, l’avv. Guglielmo Boccia. E continua: “Ecco perché non vengono esibiti e il Coni non risponde nel merito della richiesta di accesso agli atti. Per questo abbiamo chiesto il sequestro di quegli atti e siamo in attesa di conoscere la data dell’udienza per chiedere, in forza delle sentenze in nostro possesso, l’accesso a quegli atti. Nel frattempo sono stati già pignorati 4 milioni di euro in beni mobili e in conto terzi. Siamo nel pieno rispetto della legge e di quanto la Giustizia Italiana ha riconosciuto al sig. Scialpi: siamo nel pieno del Diritto. L’unica azione del Coni è stata quella di opporsi al precetto del pignoramento, ossia alla quantità in denaro a cui ammonta il pignoramento”.

“Per il resto” conclude il tredicista Martino Scialpi, provato ma sempre determinato ad ottenere solo ed esclusivamente quanto è nel suo pieno e riconosciuto diritto, “sanno solo esercitare la prepotenza e l’ostruzionismo. Dalla loro parte hanno la forza data dalla posizione predominante nella società. E questo l’ho sperimentato sulla mia pelle. Tante tv nazionali mi hanno contattato, perché la storia attira attenzione, ma nessuno ha mai portato in video la mia vicenda, a parte Giancarlo Magalli con “I fatti Vostri”, perché le redazioni vengono sempre messe in standby. Un motivo ci sarà. A me non è dato saperlo. Fatto sta che ogni volta in cui qualche giornalista inizia ad approfondire la mia storia, subito dopo abbandona la notizia perché le redazioni non mostrano più interesse. E non certo perché racconto fandonie. Ringrazio, invece, tutti gli organi della rete, i giornali cartacei, le tv locali che fanno il loro mestiere, raccontano la verità, documentandosi, e rischiano sulla loro pelle perché amano il loro mestiere, quello del giornalismo, che a volte consiste anche nel raccontare storie scomode. Mi sento un po’ come Davide contro Golia”.

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