Lettera aperta di Giulia Sannolla, consigliere comunale di Locorotondo: “I miei pensieri vanno a due donne, Palmina Martinelli e Antonella Riotino”

Un altro contributo in occasione della Giornata Internazionale contro il femmminicidio è quello che ci viene da Giulia Sannolla, consigliere comunale di Locorotondo, che con una lettera aperta inviata alla nostra redazione riporta i freddi numeri di un dramma ormai quotidiano: “In Italia 2200 donne uccise dal 2000 al 2012”. Nel suo intervento la Sannolla ricorda anche due vittime della violenza di genere nel nostro territorio: Palmina Martinelli di Fasano e Antonella Riotino di Putignano. Di seguito il testo integrale della sua lettera aperta:

Il 25 novembre si celebra la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, scelta con una risoluzione del dicembre 1999 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite per sollecitare governi, organizzazioni internazionali e ONG a organizzare attività tese a sensibilizzare l’opinione pubblica. In Italia solo dal 2005 alcuni Centri Antiviolenza e Case delle Donne hanno iniziato a celebrare la giornata, ricordando le tante forme della violenza contro le donne e promuovendo una presa di coscienza collettiva sul tema. Da allora, tanti sono i centri antiviolenza e le associazioni di donne impegnate, e non solo il 25 novembre, nell’opera di sensibilizzazione oltre che di accoglienza delle donne vittime della violenza maschile e di denuncia di una cultura sessista ostile alla libertà delle donne. Tanti gli eventi e le manifestazioni organizzate anche nelle città pugliesi in questa settimana per dire basta ai femminicidi e alla violenza di genere. Femminicidio è una parola che provoca fastidio. È una parola che suona male, che si fa fatica a pronunciare. Ma è una parola che nomina un fenomeno che non si voleva e non si vuole ancora vedere: la violenza degli uomini sulle donne. Quella violenza agita, fino alla forma estrema dell’uccisione, sulle donne in quanto donne. E’ un termine che abbiamo importato, coniato da femministe e attiviste messicane che trovarono il coraggio di denunciare l’uccisione di migliaia di donne, avvenuta nel silenzio, con la complicità altrettanto silenziosa di chi sapeva ma ha ignorato. Abbiamo capito in fretta il significato di quella parola perché si prestava ad essere usata in ogni parte del mondo, Italia compresa, per nominare non solo un fenomeno che ormai rappresenta la prima causa di morte per le donne tra i 16 e i 40 anni ma che dice anche di una cultura ancora profondamente misogina. Sì, perché la violenza sulle donne è il prodotto di una cultura maschilista e sessista, del rapporto asimmetrico e discriminatorio che esiste tra uomini e donne, è insita nelle relazioni di genere. Ed è per questo che gli interventi di tipo repressivo non bastano. Certamente non bastano le poche norme del pacchetto sicurezza, a costo zero, approvate dall’attuale governo, senza tener conto né delle proposte fatte dalle associazioni di donne e dai centri antiviolenza che quotidianamente accolgono e sostengono le donne nei loro percorsi di autodeterminazione e di fuoriuscita dal tunnel della violenza, né delle proposte presentate da più parti in Parlamento. La lotta alla violenza contro le donne è una questione politica e culturale profonda che richiede interventi di diversa natura. A cominciare dalla prevenzione, che non si può fare a costo zero. Richiede il sostegno dei Centri Antiviolenza che continuano a funzionare solo grazie all’impegno volontario di tante donne. Richiede servizi sociosanitari organizzati e competenti, in grado di ascoltare, d riconoscere la violenza e di operare prese in carico efficaci. Richiede la formazione di tutti gli operatori dei servizi territoriali, delle forze dell’ordine, di quanti sono deputati ad intervenire per prevenire, tutelare, accogliere, orientare, accompagnare. Richiede interventi capillari nelle scuole per educare alla legalità, al rispetto della diversità, all’affettività, alla relazionalità, per destrutturare stereotipi di genere che hanno radici difficili da estirpare e appartengono sia agli uomini che alle donne. Richiede una rivoluzione culturale circa la rappresentazione che delle donne danno i media. Richiede un’assunzione di responsabilità da parte di ognuna e di ognuno di noi, da parte di tutte le istituzioni pubbliche. Perché ognuno e tutti facciano la loro parte.

Nella giornata del 25 novembre, saranno ricordate le tante donne uccise, i loro nomi, i volti, le loro storie, per non dimenticare. Le fredde statistiche riportano il dato di 2200 donne uccise in Italia dal 2000 al 2012, una ogni due giorni, senza contare le vittime di violenza, maltrattamento e persecuzioni. Una follia, una strage senza fine. I miei pensieri in questi giorni vanno in particolare a due donne, due storie diverse e distanti nel tempo, la cui memoria le nostre comunità hanno il dovere di onorare: Palmina Martinelli, la ragazza quattordicenne di Fasano arsa viva nel 1981 perché si rifiutava di prostituirsi e Antonella Riotino, giovane ventenne uccisa a Putignano nel gennaio 2012. Due storie diverse ma accomunate dalla stessa matrice: la violenza maschile, figlia di una cultura nemica della dignità e della libertà delle donne. Oggi tutto il mondo griderà la sua rabbia contro il femminicidio, contro tutte le diverse forme di violenza subite dalle donne all’interno delle mura domestiche, nei luoghi di lavoro e di studio, per strada, sui media. Un filo rosso che tiene insieme le tante storie, che racconta il dolore e la sofferenza. Ma il rosso delle scarpe, dei foulard, delle sciarpe che indosseremo, dei drappi che appenderemo alle finestre, dice anche dell’energia delle tante donne che lottano, che denunciano, che chiudono la porta in faccia alla violenza, che accolgono, che offrono solidarietà. Un rosso che dice di una forza vitale che illumina il mondo, che vince sul male, che spezza le catene.

Oggi, 25 novembre, e non solo oggi, voglio omaggiare la forza delle donne, le tante che mai si arrendono. Quella delle donne che denunciano, spesso sole contro tutto e tutti. Quella delle operatrici dei centri antiviolenza che non mollano. Quella delle tante donne che non denunciano perché hanno paura di non essere credute. Quella delle poche donne che si battono come leonesse nel popoloso deserto delle istituzioni maschili. E voglio denunciare la debolezza maschile. Quella degli uomini violenti, che odiano le donne. Quella degli uomini delle istituzioni che preferiscono non capire pur di non mettersi in discussione. Quella delle pubbliche amministrazioni che pur potendo decidono di non agire. Per inerzia, per viltà, per indifferenza, per ignoranza.

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