Giorgio Napolitano ha sciolto la riserva. Ha dato la sua disponibilità ad essere candidato presidente della Repubblica. In caso di elezione, sarebbe la prima volta nella storia della Repubblica italiana, la conferma di un presidente. Diciamo “in caso di elezione” solo perché la proclamazione ufficiale, segnerà l’elezione. Ma il secondo mandato di Napolitano è certo, già oggi pomeriggio al sesto scrutinio (inizio ore 15).

A Napolitano hanno chiesto praticamente tutti, dal Pd al Pdl a Scelta civica ai delegati delle Regioni, di ricandidarsi. Perfino la conferenza episcopale italiana ha chiesto a Napolitano di ricandidarsi. Da un bel pezzo il presidente diceva di no, che non se ne parlava neanche. Ma una crisi politica-istituzionale eccezionale ha richiesto una soluzione senza precedenti. Napolitano è l’unico in grado di rappresentare, secondo la Costituzione, l’unità nazionale. Il Pd ha chiarito, secondo alcune fonti, che Napolitano non ha posto condizioni legate al governo. Ma è intuibile, perfino ovvio, che il presidente non vuole andare a un salto nel buio.

Tanto che si parla già del nuovo governo, guidato da Giuliano Amato con vicepremier angelino Alfano ed Enrico Letta.

Giorgio Napolitano, 88 anni a giugno, venne eletto presidente della Repubblica sette anni fa, il 9 maggio 2006, al quarto scrutinio, con 543 voti, il 54,8 per cento dell’assemblea. Metà assemblea, insomma, non lo votò. Si gridò allo scandalo, da parte del centrodestra, perché un comunista si era accaparrato il Colle. Oggi tutti (tranne Sel e movimento 5 stelle, pro-Rodotà) sono andati a pregarlo, praticamente in ginocchio. Perché ha dimostrato di essere un presidente grandioso, “il più grande della storia della Repubblica” disse un ministro del governo Berlusconi il giorno delle dimissioni di quel governo.

E se a qualcuno doveva toccare la riconferma, non poteva, forse, che toccare a lui, a Napolitano.

Il Paese si aggrappa di nuovo a lui, per rimanere a galla.

 

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