Gli istituti di credito pugliesi chiudono i “rubinetti”. Hanno «tagliato» un miliardo 264 milioni di euro di impieghi a scapito di famiglie, imprese, enti pubblici e privati.

Si tratta della somma di tutti i finanziamenti erogati dalle banche alla clientela. Sono compresi mutui, scoperti di conto corrente, prestiti contro cessione di stipendio, anticipi su carte di credito, sconti di annualità, prestiti personali, leasing, factoring, altri investimenti finanziari (per esempio, commercial paper, rischio di portafoglio, prestiti su pegno, impieghi con fondi di terzi in amministrazione), sofferenze ed effetti insoluti e al protesto di proprietà.

E’ quanto emerge da un report del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia che ha elaborato i dati della Banca d’Italia. In un anno, da gennaio 2012 a gennaio scorso, gli impieghi sono diminuiti del 2,2 per cento: da 57 miliardi 862 milioni di euro si scende a 56 miliardi 598 milioni. Una riduzione apparentemente modesta, ma che pesa come un macigno sull’economia reale e sui bilanci di famiglie ed aziende.

In dettaglio, il 51,6 per cento dei finanziamenti è stato erogato alle famiglie (29,2 miliardi), il 41,8 per cento alle imprese (23,6 miliardi), il 5,7 per cento alle amministrazioni pubbliche (3,2 miliardi), lo 0,4 per cento ad istituzioni senza scopo di lucro (242 milioni) e lo 0,5 per cento a società finanziarie (256 milioni).

In particolare, i finanziamenti delle famiglie (consumatrici e produttrici) sono diminuiti del 2,2 per cento (da 29,8 a 29,2 miliardi). La causa principale è la forte contrazione di nuovi mutui.

Le società cosiddette non finanziarie, cioè le imprese che producono beni e servizi, vedono ridursi i prestiti dello 0,8 per cento (da 23,8 miliardi a 23,6 miliardi).

Le società finanziarie, compresi gli intermediari, invece, registrano un vero e proprio crollo: meno 35 per cento (da 394 a 256 milioni).

Calano pure gli impieghi a favore della pubblica amministrazione. Nello stesso periodo, sono scesi del 6,6 per cento (da 3,4 a 3,2 miliardi).

Stessa sorte per le istituzioni senza scopo di lucro che «perdono» il 15,2 per cento dei prestiti (da 286 a 242 milioni).

Il sistema bancario – secondo Confartigianato – dovrebbe favorire la ripresa. Invece, non eroga i mutui alle famiglie e continua a restringere l’accesso al credito per le imprese. Eppure proprio le banche hanno beneficiato di importanti interventi pubblici di sostegno, finalizzati a fornire la liquidità necessaria per scongiurare il rischio di default, ma sono anche state destinatarie di interventi indiretti di sostegno al rafforzamento del proprio capitale. Il paradosso è che l’enorme quantità di denaro prestata dalla Banca centrale europea alle banche italiane non ha mai raggiunto le imprese e le famiglie, rivelandosi uno strumento inefficace per innescare la ripresa. Le banche, contrariamente a quanto andava fatto, hanno preferito investire il denaro preso in prestito a buon mercato sui mercati finanziari che garantivano buoni interessi e rischi limitati, piuttosto che metterlo a disposizione di imprese e famiglie.

Per il presidente provinciale di Confartigianato Taranto, Domenico D’Amico, occorre intervenire con immediatezza, adottando tutte le misure e i provvedimenti volti a fa ripartire l’economia reale.

 Credito agevolato ad aprile il tasso sale al 4,48 per cento in rialzo dello 0,2 per cento rispetto al mese precedente

Dopo sette mesi consecutivi di discesa, ad aprile, il tasso riprende a salire. Si interrompe, così, la diminuzione del parametro di riferimento per il credito agevolato ad industria, commercio, artigianato, editoria, industria tessile. Il tasso si attesta sul valore di 4,48 per cento, con un aumento dello 0,20 per cento rispetto a marzo (4,28 per cento).

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