Antonio Rubino direttore del Gruppo Puglia Press ed esperto di social e mobile marketing

C’è un detto che dice: Non c’è due senza tre”, ma a lui ci sono voluti quattro festival per conquistare gli italiani che hanno capito che, l’artista cresciuto a Taranto, è un grande cantautore e lo hanno stravotato, regalandogli una vittoria che vale doppio, perché è anche quella di una città, più volte delusa, in passato, dalla politica. La città dei due mari torna ad essere alla ribalta, ma questa volta non per quel ‘mostro’ che da sessant’anni gli ruba la vita.  Antonio Diodato, il suo primo pensiero, subito dopo la sua consacrazione su palco di Sanremo, lo ha rivolto alle sue famiglie, quella vera e quella putativa, così come ha definito quella artistica. Poi lo ha rivolto a Taranto, alla sua gente e, quel pensiero, lo ha trasmesso, senza un sottofondo musicale che rende uniche le sue canzoni, ma con un amplificazione tale da avere una cassa di risonanza ad alti decibel facendo Rumore.  Una vittoria determinata dalla sala stampa che è stata decisiva. La stessa stampa che ora ne sta esaltando le doti e conseguentemente soffermandosi sulla sua città, quella nella quale “C’è una situazione inaccettabile” e lui ne sta parlando da anni, da quando è direttore artistico del Primo Maggio di Taranto. Di certo la vittoria di Diodato farà piacere alla maggiorparte dei tarantini che da oggi avranno un ancoraggio sul quale aggrapparsi e, nello stesso tempo, nutriranno una speranza in più. Piacerà anche a tanti italiani da Aosta a Roma, da Milano a Palermo, in quelle città nelle quali l’artista è vissuto e che da oggi guarderanno Taranto in maniera differente. C’è sempre un rovescio della medaglia, come coloro che oggi fanno dichiarazioni di facciata, per i quali la vittoria di Diodato rappresenta un pericolo: quello di veder serpenteggiare un alito musicale che possa fare ‘ Tanto rumore’ da diventare inno di una rivoluzione pericolosa. Così come, già prima della vittoria di Sanremo, c’era chi metteva le mani in avanti dicendo di non mettere in correlazione il cantante con la situazione di Taranto. Chissà perché. E’ facile intuire gli interessi esistenti in tale affermazione. C’è anche chi, in questi anni, ha storto il naso sulla pericolosità della manifestazione del Primo Maggio e sono gli stessi “Liberi e pensanti” a prendere le distanze da chi oggi cerca di salire sul carro dei vincitori. Sono in tanti e non solo quei disperati che cercano di mantenersi un lavoro per sopravvivere, per i quali il “Sig. Conte” ne ha già barattati circa 2000, definendoli ‘esuberi’ per elemosinare la permanenza del ‘Sig. Mittal’, ma che alla fine potrebbero diventare anche 3000. La vittoria di Diodato può diventare la vittoria della vita e non solo per Taranto. Non a caso il suo nome è la forma ridotta dal maschile Adeodato, tratto dal latino Adeddatus e significa ‘dato, donato a Dio.

Siamo tutti orgogliosi di Diodato, il ragazzo dalla faccia pulita che ha conquistato con il suo sorriso accattivante la gente, prima, durante e dopo il festival, più di chi si presenta spadroneggiante sui social con il sigaro alla Al Capone.

Una vittoria che mi ha fatto provare le stesse emozioni di quando mio figlio arrivò per ben due volte sul podio di Sanremo. In fondo, Diodato è un po’ il figlio di tutti noi.

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