Da stamattina scatta l’obbligo, non solo per i commercianti, ma anche per i professionisti, di dotarsi del POS (Point of Sale).  Si tratta di un dispositivo elettronico che consente di accettare pagamenti tramite carte di credito e prepagate. Il POS è, più propriamente, il servizio bancario che permette ad un esercente commerciale di incassare direttamente sul proprio conto corrente.

Quindi già da stamattina, la signora che chiede al tubista o all’elettricista che gli aggiusta “quella deteminata cosa” potrebbe essere oggetto di scherno da parte del professionista.  Infatti tra gli umori che si colgono in giro vi sono quelli dei favorevoli (“perché così si combatte l’evasione”) e quelli dei non favorevoli (“pure un povero cristo di professionista ora deve dichiarare”, si è letto su facebook).

Per non parlare poi dei post “complottisti del tipo  «È il solito favore alle banche!» per farsi subito un’idea di come sia facile oramai saper esprimere a caldo ogni mal di pancia.  Ovviamente vi è la rete,  che è il luogo privilegiato del commento “di pancia”, dove vi sono coloro che già stilano una serie di scuse da tirare fuori ad ogni possibile richiesta del Pos: «è finito il rotolino di carta, non c’è campo, la transazione non è al momento possibile». Che poi sono i soliti pretesti sentiti mille volte ai bar, ristoranti o fruttivendoli. Ci siamo capiti.

L’estensione dei POS per tutti troverebbe legittimità nel fatto che l’apparecchietto dovrebbe servire per arginare la micro evasione, soprattutto nelle piccole transazioni che potrebbero equivalere a un rubinetto aggiustato o al ripristino di un’antenna satellitare. Prestazioni che in una valutazione onesta non dovrebbero fluttuare oltre una fascia tariffaria che va dai 30 ai 70 euro. Ma lasciamo stare.

Nessuno però tiene conto del fatto che il vero problema è che chiunque oggi voglia pagare con carta di credito o bancomat, si troverebbe a dover arretrare. Poi ci si mettono anche commenti del tipo  “Ma ci pensate ai poveri  cristi professionisti che non hanno nemmeno un conto in banca o un codice Iban?”. Si rasenta il ridicolo, insomma.

La sezione provinciale di Confartigianato, di Taranto, comunque non ci sta.

“Va bene la trasparenza nei pagamenti ma tutto questo non si traduca in ulteriori costi per le aziende già debilitate da un crisi paurosa” afferma Fabio Paolillo Segretario provinciale della Confartigianato di Taranto.

“Il Centro studi nazionale ha calcolato che, grazie a questo nuovo sistema di pagamenti, il costo medio per impresa o professionisti si aggirerà intorno ai 1.200 euro l’anno. Le difficoltà maggiori saranno per gli artigiani che lavorano fuori sede e presso i diversi committenti; ma la cosa che lascia perplessi e che ciascun dipendente dell’azienda dovrà essere munito di terminale POS per i pagamenti in tempo reale. E con quali costi? Attualmente non è facile sapere quanti piccoli imprenditori abbiano installato il POS ma riteniamo siano ben pochi. Secondo una stima fatta da Confartigianato Nazionale le imprese artigiane che non si sono adeguate sono due milioni e mezzo, forse tre. Esistono difficoltà operative perché non tutte le banche offrono questi strumenti; inoltre la presenza del costo a forfait rende questo mezzo di pagamento antieconomico quanto si tratta di piccoli importi”, rilancia Paolillo. E’ evidente l’importanza della tracciabilità ma non si può ignorare l’impatto in termini di costi su attività che hanno prodotti di basso valore.

Oggi il legislatore non può considerare solo la questione dei circuiti finanziari – dato per scontato l’obiettivo della trasparenza dei pagamenti – ma dovrà tener conto dell’impatto, in termini di costi, che tale nuovo sistema avrà sulle imprese di minori dimensioni”,  conclude Paolillo.

Si precisa che tale obbligo non impone il pagamento mediante carte di debito, ma vincola chi vende beni o presta servizi ad accettare la richiesta del cliente di pagare mediante bancomat, carte prepagate ecc. Confartigianato comunque ricorda che ad oggi all’obbligo non corrisponde alcuna sanzione.

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