Ultima settimana di campagna elettorale. Facciamo un ragionamento che riguarda tutti: Taranto è stata maltrattata e la sua provincia idem. La rappresentanza di candidati della provincia jonica, destinati a rappresentarci in parlamento, sarà esigua, nel migliore dei casi. I posti “buoni” nelle liste sono stati pressoché nulli, sia da una parte che dall’altra. Questa considerazione non vuole sminuire, ovviamente, il valore di chi ci sarà, in parlamento, rappresentante di questo territorio. Anzi: è un modo per dire che vanno valorizzati coloro che ci saranno. E dovremo farlo noi cittadini, visto che i partiti se ne sono guardati bene. Tanto per fare esempi: un Pelillo doveva essere numero uno nella lista Pd. Un Chiarelli doveva essere numero uno nella lista Pdl. Questo dovevano fare i partiti, per dire al popolo che hanno capito veramente la situazione.

Invece abbiamo assistito all’atteggiamento ingiusto del sistema politico-elettorale nei confronti di quella che è la prima emergenza d’Italia (e d’Europa no?): Taranto. Atteggiamento ingiusto, cinico e opportunista: perché sanno, i vertici nazionali e regionali, che votare i candidati locali, grazie a questo indecente metodo elettorale significa votare automaticamente anche i partiti il cui gradimento è più o meno ai livelli della fossa delle Marianne.

A metà agosto scorso, si ricorderà, ci fu la calata dei ministri, ma anche dei vertici politici e sindacali, nel capoluogo jonico. L’emergenza-Ilva, scoppiata clamorosamente, reclamava attenzione. Adesso l’emergenza è rimasta, Taranto con la sua provincia è un’atomica inesplosa ma sempre sul punto di farlo.

È, però, finita l’attenzione. Lo si può dire con certezza: non dare segnali, attraverso le candidature di esponenti di questo territorio, è una gravissima mancanza di attenzione. Dovremo votare per una catanese capolista al Senato? Ma lei conosce le colate dell’Etna, più che quelle dell’Ilva. Che c’entra lei? Non c’era proprio nessuno di questo pezzetto d’Italia, in grado di fare bene? Che Italia giusta è questa? Abbiamo fatto un riferimento per un partito, lo potremmo fare per tutti gli altri, o quasi.

Non è qualunquismo. È delusione. Profonda.

Sul piano sociale, si poteva dare un’attenzione a questo territorio. Ci si poteva andare piano con l’Imu, per esempio. Invece questa provincia ha pagato oltre 180 milioni di euro di Imu (in questo notiziario abbiamo pubblicato due giorni fa un articolo dettagliato, con tanto di tabella Comune per Comune). Ci sono, in provincia di Taranto, 180 milioni di euro in giro, oggi come oggi? Forse no. Eppure si sono tirati fuori per l’Imu.

La situazione di questo angolo d’Italia può risolversi solo con una sterzata, anche in termini di ricerca, di qualcosa di nuovo. Scuola, ricerca, università, innovazione, cultura. Il motore vero dell’opportunità è questo. Ecco come viene applicato a Taranto questo concetto: il politecnico, sede di Taranto, dal prossimo anno accademico eliminerà un bel po’di corsi e con essi eliminerà la ricerca nei settori della meccanica, dell’elettronica, dell’innovazione. Si aiuta così Taranto? No. E chi fa un po’di attenzione a questo? Dire nessuno significa essere qualunquisti. Ma una parola diversa da “nessuno” è difficile da usare, in questo caso.

Agostino Quero

Un pensiero su “Agostino Quero e le elezioni”
  1. Adesso votiamo quello che ci hanno dato. Pelilo o Chiarelli. Questo è il voto utile, meglio non disperdersi.

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