Il ricordo di Lou Reed tracciato da Agostino Convertino, che si è occupato del rocker nei suoi incontri di storia della musica fatti a Martina

La scomparsa di Lou Reed ha creato un vuoto nel mondo della musica mondiale. Anche nella nostra comunità molti hanno manifestato il proprio dolore per la perdita di una delle icone più potenti ed affascinanti del rock. Lou Reed è stato uno dei protagonisti delle lezioni di rock ideate dalla “Carrozza di Hans”, nel corso delle quali Agostino Convertino, Rino Carrieri e Riccardo Bertoncelli hanno ripercorso i momenti fondamentali del panorama musicale. Proprio ad Agostino Convertino abbiamo chiesto di raccontare, per i nostri lettori, quello che ha significato l’ex voce dei Velvet Underground per la storia del rock.

“Per descrivere Lou Reed – comincia Convertino – non userei il passato ma il tempo futuro perché lui ha rappresentato, ma rappresenterà ancora per molto tempo, una figura di svolta del costume occidentale. Ma credo ci sia un altro sottile distinguo da applicare: ritengo che Lou Reed sia stato il vero catalizzatore di tutto il pop/underground newyorkese, forse più influente dello stesso “gran sacerdote” del movimento, Andy Warhol.  Se non ci fosse stato lui nel 1965, in quello squallido appartamentino di Ludlow Street, il genio John Cale non sarebbe esploso in tutta la sua grandezza. Insomma, provate ad immaginare cosa sarebbe oggi l’estetica americana senza il passaggio di Lou Reed. Cosa sarebbe il rock. Cosa sarebbe l’educazione sessuale. E la poesia”.

 Perché era definito il “poeta maledetto”? 

Era definito il “poeta maledetto del rock” perché, a sua volta, era figlio legittimo della letteratura americana emarginata degli anni ’50. Nelle pagine che il mio maestro Riccardo Bertoncelli dedica ai Velvet Underground figura una citazione di Lou Reed che dice tutto; affermava: “La nostra citazione preferita era: i fiori del male stanno sbocciando, qualcuno deve pestarli prima che si spargano”. Tecnicamente, sotto il profilo musicale ha diviso la schiera dei suoi fans: alcuni lo hanno adorato come un sublime chitarrista, altri non lo hanno mai nemmeno considerato tale….. beh, caro Lou non ti offendere da lassù, io appartengo alla seconda schiera ovvero sono tra quelli che ti preferiscono come poeta maledetto e cantante oscuro e cavernoso…….

Ti sei anche occupato di Lou Reed negli incontri di storia della musica che hai tenuto a Martina. Quale l’aneddoto che ricordi con piacere al riguardo?

Mi piace citare un commento del mio amico Rino Carrieri della Carrozza di Hans, il format rock che promuoviamo con i giovani cui piace la musica di quei tempi, che ha scritto stamattina su un popolare social network: “Ed ora speriamo che tornino a suonare insieme” riferendosi alla cantante Nico dei Velvet Underground (deceduta nel 1988), altro elemento fondamentale per la combustione artistica di quei tempi che dette vita al famoso album “della banana”. Nell’ultimo appuntamento a Martina con Riccardo Bertoncelli (il più grande critico rock europeo ed uno dei più grandi in assoluto) abbiamo definito quella copertina di Andy Warhol come la più famosa in assoluto del rock. Stavamo preparando la prossima performance de “La Carrozza di Hans” al Divino Vineria che avrebbe riguardato “i poeti del rock” ma già stamattina abbiamo stravolto la scaletta e deciso di dedicare l’appuntamento a Lou Reed ma anche a tutta la scena newyorkese degli anni 60-70 quindi comprendendo anche il movimento della pop-art (non solo Warhol ma anche Roy Liechtenstein, il graffitismo di strada di Keith Haring….) insomma la grande mela con tutto il suo peso culturale e cosmopolita.

 Con quale pezzo vorresti ricordare Lou Reed?

Personalmente, il pezzo che più mi piace di Lou Reed non è la conosciutissima “Walk on the wild side”, vetriolo puro sciolto in una ballata dolce, ma “Waiting for the man”: rude, sessualmente equivoca, roca e “dark” come sarebbe stato il punk rock prossimo venturo che a Lou Reed si dev’essere vagamente ispirato. BYE BYE LOU, STAY WITH GREATS!

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