L’appuntamento per l’intervista era un po’ generico, alle 16 sullo stradone. E nella più classica delle situazioni, noi siamo da una parte e Antonella dalla parte opposta della piazza. In mezzo, il villaggio di Babbo Natale. Cellulare rotto, e quindi impossibilità di chiamarsi e avvertirsi. Alla fine, per fortuna, ci incontriamo. Ovviamente la giovane è un po’ infastidita dall’inconveniente, e sulle prime sembra starsene “un po’ sulle sue”. Ma poi, parlando delle sue passioni, la musica e la poesia, pian piano si scioglie e viene fuori tutta la forza di una ventiquattrenne che crede in se stessa e nelle proprie potenzialità. “Adiafora” è il titolo del Cd appena uscito, prodotto dall’etichetta salentina Dodicilune, distribuito da IDR in Italia e all’estero. E’ quasi scontato, ma comunque si rivela interessante, chiederle significato e motivazione di un titolo così impegnativo. “Adiafora è un termine di origine greca usato dai cinici e dagli stoici per indicare ciò che lascia l’animo assolutamente indifferente. Il concept del disco nasce da unico filo conduttore che unisce tutti i nove brani”. Leggiamo sulla copertina del disco che sei di questi brani sono di sua composizione, musica e testo, mentre due sono dei classici (Round Midnight e “Non so più niente” di Piero Ciampi), più la traccia fantasma, il prologo, una poesia sempre di Antonella. “Ho lavorato per contrasto con il concetto di adiaforie, perché ho voluto far emergere dai protagonisti quelle qualità che sono assolutamente indifferenti al raggiungimento della virtù, quali la bellezza o la ricchezza. Ecco, i miei protagonisti vogliono svincolarsi da tutto ciò, da queste manifestazioni che non dovrebbero influire sui nostri destini, ma che inevitabilmente lo fanno”. In poche parole, in loro troviamo buoni propositi ma risultati differenti dalle loro aspirazioni. “In realtà, le mie creature nascono bene sulla carta ma muoiono a poco a poco, schiacchiate dalle cose che credono di aver abbandonato ma che tornano a scandirne l’esistenza”. Il suo sguardo si perde in un punto dietro di noi, quasi a cercare i volti di questi personaggi che animano il suo disco. Ci chiediamo quanto ci sia di Antonella Chionna in queste storie. “In realtà c’è tantissimo, perché ogni brano nasce da un’ispirazione legata a momenti particolari della mia vita ai quali sono particolarmente legata e che mi hanno provocato un’emozione”. Una cacciatrice di emozioni, che cerca di ritrasmettere agli altri attraverso la voce, la musica e il canto. Una voce cristallina e potente, che gioca in punta di note passando con disinvoltura da brani più intimistici, come il “cuore nel boccale”, ispirato a una poesia di Nazime Hikmet, al brano più divertente, “Samba della vestale”. In quest’ultimo ci sembra di cogliere una sottile satira politica. “In effetti è proprio così. Il riferimento alla realtà è diretto, per niente velato, e mi piaceva raccontare la storia di questa donna che non potrebbe innamorarsi, ma che vive questo amore impossibile, e che invano aspetta. E’ un modo per dire che, in fondo, siamo sempre fatti della stessa pasta”. Parlando del più e del meno, seduti in un bar del centro, è inevitabile parlare della nostra città. Tra l’altro, le musiche del disco sono eseguite da Marco Tamburini (tromba, flicorno), Alessandro Leo (sax baritono e soprano), Antonio Palazzo (piano), Camillo Pace (contrabbasso) e Max Ingrosso (batteria). Quanto ha influito la città di Martina Franca nel percorso artistico di Antonella Chionna? “In realtà molto poco. Martina è una città bellissima, però secondo me non c’è tutto quel fermento musicale di cui tanto si parla, se non per alcune valide eccezioni, che tuttavia vanno cercate in contenitori specifici”. Niente peli sulla lingua, probabilmente frutto anche della sua giovane età. “Martina mi ha dato i natali e mi ha dato una nonna che ha amato tantissimo l’opera, donandomi l’interesse per il Festival, che considero una bella realtà”. Ma Antonella Chionna, che in questi giorni sta per laurearsi in canto jazz, cosa vuol fare da grande? “Io voglio mettermi in gioco, scoprire dove può portarmi questa mia passione che, inevitabilmente, sta diventando anche la mia professione, nel senso che cerco di farla nella maniera più professionale possibile. Non vado alla ricerca del successo, e penso che le giovani generazioni martinesi, al contrario, siano ossessionate dalla ricerca più del successo che della vera qualità”. E’ un fiume in piena, una ragazza che ha tanto da raccontare. Ma come descriverebbe se stessa con un “tweet” da centoquaranta caratteri?. Si ferma. E fissa ancora una volta quel punto lontano dietro di noi mentre fuori aumenta il vocio della festa. “Antonella è una persona che si lascia attrarre da ciò che le piace. Non è chiusa in schemi e preconcetti, per certi versi è inconsapevole, ma soprattutto è molto schietta”. Una che non la manda a dire, ma che racconta le avventure di una “bella incuriosita, sospesa alla deriva del cuore che rubando il tuo sapor, il vecchio caro fato mi indusse a toccar con mano” la realtà. Adiaforie e contrasti, tra indifferenza e ricerca del bene.

Matteo Gentile

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