Martino Scialpi, il martinese che da 32 anni combatte con il Coni per vedersi riconosciuta la validità della sua schedina vincente, torna alla carica. Ha chiesto al Coni, adesso, 13 milioni di euro e lo ha fatto con una lettera ufficiale. Il Coni ha cambiato presidente qualche settimana fa e chissà che Giovanni Malagò, il nuovo capo dello sport italiano, non riconosca le ragioni del commerciante ambulante martinese.

Il contenzioso fra Scialpi e il comitato olimpico, titolare del concorso Totocalcio, quando a Scialpi non venne riconosciuto un 13 miliardario (in lire) con la schedina giocata, appunto da Scialpi, a Ginosa. Il caso è stato raccontato alcuni giorni da fa cronachemartinesi.it e a quel quotidiano online vi rimandiamo per la descrizione della vicenda, di cui parleremo, sempre con Pietro Andrea Annicelli (il giornalista che sucronachemartinesi.it l’ha descritta) nel prossimo numero del settimanale di Pugliapress. La vicenda è stata poi raccontata da extramagazine.eu, anche.

Quelli del Coni non trovavano la “madre” della schedina, nel caveau della sede barese del concorso; ma Scialpi aveva la “figlia” di quella schedina, con tanto di fascetta che ne certificava la giocata. Contenziosi, altri contenziosi, altri contenziosi ancora, soldi spesi (un mare) e ancora il divorzio, e ancora un malessere che va avanti da 32 anni. Insomma per quella schedina Martino Scialpi, commerciante ambulante, si è rovinato la vita, per quella schedina di un’epoca fa: si pensi che in quel concorso numero 11 figurava il Catanzaro in serie A e giocava in casa contro il Milan, e invece la Lazio e il Catania erano in B e proprio quel giorno si incontravano all’Olimpico di Roma. In B c’erano pure Cavese e Venezia. Proprio altri tempi. Ma quel giorno c’era, per la serie A, anche Juventus-Roma, che all’epoca era “lo” scontro, in senso calcistico. Scialpi mise il 2 fisso e vinse, appunto, la Roma. Ah già, Martino Scialpi le indovinò tutte e 13.

Il Coni lo accusava di essersi impossessato della fascetta (all’epoca era così, prima dell’avvento dei computer) che poi appose sulla schedina in un momento successivo allo svolgimento delle partite. Insomma la fece dopo, la schedina, Scialpi.

Ma lui ha anche delle perizie che hanno certificato la veridicità della sua tesi.

La battaglia legale ha anche fatto segnare dei punti a suo favore, ma non si è mai concretizzato nulla. Adesso Martino Scialpi vuole, per 13 milioni per quel 13. Non di lire. Di euro.

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