Ormai la notizia “bufala” che corre sul filo del web e si diffonde in maniera cosiddetta “virale” anche e non solo attraverso i social network è diventata una costante. In questi ultimi giorni, per esempio, sono stati fatti morire e resuscitare personaggi famosi come Vasco Rossi e Tullio de Piscopo. Per non parlare delle catene che riportano storie di bambini da salvare attraverso improbabili ricompense della Microsoft per ogni e-mail inviata. E poi c’è il pishing, ovvero le e-mail che cercano di catturare le chiavi di accesso alle carte di credito o ai conti correnti online, spessi farcite di così tanti errori grammaticali da chiedersi com’è possibile che qualcuno ancora ci caschi. Eppure succede. Com’è successo, domenica scorsa, che a Martina sia rimbalzata la voce della chiusura delle scuole per ordinanza del sindaco, a causa del maltempo. Il tutto è nato da alcuni post su Facebook che hanno ripreso una notizia della Gazzetta online. Subito sono partite telefonate a questo e a quell’assessore, ai vigili urbani, agli stessi giornalisti, per chiedere conferma o smentita. Non vogliamo adesso giudicare il motivo per cui la notizia è stata messa in rete, vogliamo solo fare alcune considerazioni oggettive. Il titolo, su tre righe, era “Maltempo, scuole chiuse – in diversi Comuni pugliesi A Bari «stop» anche mercoledì”. Poiché era domenica, quantomeno un sospetto sarebbe potuto venire, visto che si parlava di tre giorni dopo. Dopo l’elenco dell città dove era stata disposta la chiusura delle scuole, tra cui Martina Franca, c’era un’altra frase che suonava stonata: “Nelle parti più alte della regione sono caduti sino a 70 centimetri di neve; nelle zone più pianeggianti i centimetri sono 30, mentre a Foggia si sono registrati ben 90 centimetri”. Si parlava di neve, dunque, mentre tutti potevano sapere che stesse soltanto piovendo. A carattere temporalesco, certamente, ma sempre pioggia era. E poi, continuando nella lettura, tra notizie di strade ghiacciate e nevicate intense in giro per la Puglia, c’era anche il riferimento cronologico esatto: “martedì prossimo 14 febbraio” che avrebbe spazzato via ogni dubbio, rendendo chiaro che si trattava di un articolo vecchio, rimasto in rete e ripescato da qualcuno evidentemente attraverso google, usando probabilmente come chiave di ricerca “chiusura scuola”, “ordinanza” e qualcosa di simile. Su Facebook si è anche scatenato un piccolo-grande dibatto, nato da un post dell’assessore Antonio Scialpi il quale definito “buontemponi-bulli” coloro che avevano fatto girare il link sulla chiusura delle scuole affermando di non essere d’accordo su un tale uso del social network, “perchè sulle cose drammatiche non si può scherzare, visto quello che sta succedendo nelle terre vicine. Potevano aiutare le popolazioni in difficoltà, invece… E’ vomitevole quello che hanno fatto”. Prima considerazione, e non è una critica ma una semplice constatazione: una testata online come la gazzetta, consapevole del fatto che le pagine restano nel web “in eterno”, per usare un’iperbole che renda l’idea, dovrebbe sempre evidenziare la data precisa. Un generico “mercoledì” nel titolo non è evidentemente sufficiente, anzi, può essere addirittura fuorviante. Secondo: il lettore, in ogni caso, dovrebbe soffermarsi qualche secondo in più sulle notizie, perché la superficialità non è buona informatrice. Un nostro collega, Massimiliamo Martucci, ha aggiunto che, secondo lui, c’è “profonda ignoranza nei confronti dello strumento che si usa, che si tramuta in arroganza quando lo strumento prende il sopravvento”, dichiarandosi “convinto che si dovrebbe educare all’utilizzo del web, ma chi dovrebbe farlo latita perchè non è in grado nemmeno di pensare a cosa ha di fronte”. Spesso, bisogna dirlo, ci sono portali, anche importanti, che fanno del sensazionalismo nel titolo il proprio cavallo di battaglia per attirare i cosiddetti “contatti”, usando talvolta a sproposito parole come “notizia shock”, “clamoroso” e altre iperboli simili.  La rete è sicuramente uno strumento potente e ricco di opportunità. Non è il mezzo a essere buono o cattivo, ma l’uso che se ne fa. Certamente, come in tutte le cose dell’uomo, alla base di tutto ci dovrebbe essere sempre e comunque il buon senso. Ecco, è questo il difficile.

Matteo Gentile

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