Il Cinema teatro Verdi di Martina Franca

 

Giulio Dilonardo
Giulio Dilonardo
Fondazione Teatro Lirico G. Verdi
Il Verdi di Trieste

C’erano una volta le vecchie banconote da 1000 conl’immagine di Giuseppe Verdi. Furono ritirate dalla circolazione con l’avvento dell’euro. Di Verdi resiste il Nabucco che molti vorrebbero diventasse l’inno nazionale, ma il noto compositore nato a Busseto in provincia di Parma, rivive nella memoria in molti teatri italiani dedicati a lui, tra i più belli quello di Trieste (nella foto facilmente riconoscibile , il più demodè è quello di Martina Franca). Il Verdi martinese è diventato un piccolo antiquariato con delle vecchie poltrone del secolo scorso, piuttosto scomode rispetto a quelle anatomiche moderne. E’ stato ereditato dal padre da Giulio Dilonardo che ha pensato bene, per risparmiare sui servizi di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo e trattenimento, resi a pagamento dal Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco per teatri al di sotto dei 500 posti, di ridurne la capienza. Oggi conta più o meno 450 posti dislocati su tre livelli, con la platea senza corridoio centrale, senza un bar che possa somministrare i popcorn, le patatine o una bibita che possano far passare più piacevolmente la visione di un film e dove nemmeno il più importante degli eventi riesce a riempirlo, non certamente per colpa dell’artista di turno.  Il ‘cosiddetto’ teatro è tornato ad essere soprattutto un arena, dove in estate un sistema che lo scoperchia  consente di vedere un film al chiaro di luna (anche se in quel periodo osserva la pausa estiva), come quei cinema d’altri tempi che spesso si trovano nei lidi turistici. Il Teatro Verdi, costretto a rifare lo schermo oramai ingiallito dal tempo,  di demodè non ha solo l’aspetto, ma a quanto la totale assenza di servizi  telematici.  Non è possibile prenotare o acquistare su internet un posto, bisogna aspettare il dipendente part time che apra il botteghino nel tardo pomeriggio (senza naturalmente nemmeno una segreteria telefonica), come è successo in occasione di un concerto che si è tenuto ultimamente, dove molta gente è ricorsa anche ai Vigili Urbani per sapere se c’erano ancora posti disponibili, rinunciando a rischiare di recarsi in teatro.  Però, meno male che a volte c’è Checco Zalone, quando l’ultimo film è stato  proiettato anche negli orari più disparati, come la domenica mattina (come un tempo avveniva nelle sale parrocchiali) o in tarda serata, come nei vecchi cinema come quello, sempre di proprietà dei Dilonardo, un tempo dedicato allo sfortunato Bellini,  in quanto alla sala a lui dedicata gli toccava la sorte di proiettare i film porno. Oggi l’ex cinema Bellini è diventato uno stabile ristrutturato, affittato a cifre stratosferiche all’ASL per ospitare nove ammalati psichiatrici.   Per la  prosa o i concerti, proprio per l’esigua capienza di teatri come il Verdi, le rappresentazioni diventano quasi sempre fallimentari per gli impresari, soprattutto se sono produzioni di professionisti, visto l’esiguo numero di posti a disposizione. L’affitto da pagare varia tra i 1470 come in occasione dell’ultimo concerto che si è tenuto e i 1800, per i meno fortunati.  Ecco perché avviene il caro prezzi per gli eventi in piccoli teatri come questo, dove solo l’intervento dei contributi pubblici di Comuni e Regioni appianano i bilanci, come avviene per la stagione del Teatro Pubblico Pugliese. Non si comprende la motivazione che, laddove è possibile come a Martina Franca, utilizzare un teatro moderno con il doppio della capienza … e dei servizi che permetterebbero  di abbassare il costo del biglietto ed evitare il contributo pubblico (o ridurlo al minimo), ci si ostini a fare delle stagioni teatrali fallimentari in piccoli teatri come questo. Sono quelle dinamiche  che non si comprendono o, magari si fa finta di non comprendere. Così come restano incomprensibili, le dinamiche per la nomina  di chi è avverso alla tecnologia, come nel caso delle prenotazioni e vendite dei biglietti online con semplici software, venga nominato presidente dei gestori dei cinema di Puglia e Basilicata, forse perché probabilmente gli altri stanno peggio. Dilonardo si diletta a ricoprire  cariche onorifiche, come quella di Consigliere dell’ Agis,  che, pur non garantendogli entrate economiche in quanto cariche onorifiche,  gli servono per tessere buoni rapporti con gli Enti dello spettacolo, tanto  aiutarlo ad ottenere che la sua sala sia inserita nella stagione teatrale del Teatro Pubblico Pugliese. I buoni rapporti con l’Amministrazione comunale, conseguiti durante la scorsa campagna elettorale, nella quale Dilonardo ha sostenuto l’attuale sindaco, fanno il resto. Il suo sogno? Dopo aver tentato invano di vendere a peso d’oro lo stabile del vecchio cinema Bellini al Comune   pensa, prima o poi, di ritentare l’operazione con l’attuale stabile di piazza XX Settembre. Nel frattempo il Verdi continuerà a finanziarsi con la cultura, affittando a 1800 euro al giorno la sala alle associazioni, piuttosto che con gli esigui ingressi al cinema, nonostante dei last minute che spesso vengono fatti a buon prezzo, aspettando … Checco Zalone. E’ proprio un buon affare, altro che conservare le vecchie mille lire di Verdi.

Antonio Rubino

Un pensiero su “Il vecchio Verdi, cinema teatro demodè”
  1. miglior cinema teatro della zona è quello di Cisternino, piccolo ma con 200 poltrone larghe e da sogno come sono comode e tutto digitalizato.

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