La tematica de “Lo sfascio”, rappresentazione teatrale andata in scena mercoledì sera al Verdi nell’ambito della stagione teatrale martinese, è di grande attualità, nonostante l’ambientazione sia quella di fine anni settanta. Sono gli “anni di piombo”, ma il terrorismo fa da sfondo a uno “sfascio” che coinvolge la società italiana e l’animo umano di oggi e di sempre. Il messaggio è amaro, con un cinismo di fondo che racconta come al male non ci sia mai fine. Sono le storie di un gruppo di balordi, che si intrecciano all’interno di uno sfasciacarrozze romano. Fosco (Augusto Fornari), il titolare, dai precedenti penali, ha sposato la giovane e bella Katia (Jennifer Mischiati), che tradisce e maltratta. Luciano Duelire (Nicolas Vaporidis) è un giovane che vive di espedienti malavitosi, dedito alla coca, senza scrupoli. Ugo (Riccardo De Filippi), è il poliziotto corrotto che gioca d’azzardo e usa l’autorità per farla franca. Manlio (Alessio Di Clemente), il fratello autistico di Fosco, rappresenta in un certo senso l’anima pura e innocente di chi agisce in buona fede. Il tessuto narrativo presenta una rapina organizzata per rimediare ai debiti al gioco, intrecciata con un attentato terroristico che scombina i piani di Fosco, Ugo e Luciano con la presenza di una giovane terrorista ferita gravemente. Manlio abusa di lei, in un turbine di eventi dove il male cresce sempre di intensità, fino alla sparatoria che provoca morte e disperazione. Il degrado dei valori, il successo facile, il degrado morale, la corruzione, la volgarità, il ritorno alla donna oggetto, ci sta tutto in questa operazione coraggiosa scritta da Gianni Clementi, da lui diretta con Saverio Di Biagi, e ben interpretata da un cast credibile e apparentemente “naturale”. Nel senso positivo, perché dietro c’è sicuramente un grande lavoro per “entrare nella parte” e poi uscirne una volta scesi dal palcoscenico, come lo stesso Vaporidis, con una battuta, ci ha detto a fine spettacolo: “Luciano, esci da questo corpo!”. Una riproduzione realistica del degrado sociale, ma con un finale che racconta la speranza e la potenza della vita che nasce apparentemente per caso (la giovane terrorista in coma dà alla luce un figlio). Anche quando la morte sembra avere il sopravvento, la forza della vita si manifesta malgrado tutto.

Matteo Gentile

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